Banegas Montse - 2008 - Una donna scomoda by Banegas Montse

autore:Banegas Montse
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: General, Fiction
ISBN: 9788877384904
editore: La Tartaruga
pubblicato: 2010-01-01T23:00:00+00:00

CONTINUO

ANDANTE CON FUMO.

«Non li guardare», aveva detto mia madre... L'unica cosa che dovevo fare era non guardarli, tutto sarebbe filato liscio se non li avessi guardati... Ma come facevo a non guardarli?

Come potevo evitare di guardare quell'accozzaglia di ragazzini appagati, leggeri e ignoranti? Come riuscire a non vederli, come riuscire a non scocciarsi, a non arrabbiarsi, a non disgustarsi al cospetto di quegli esseri che sfidavano l'idea stessa di istruzione? Universitari privi delle minime nozioni di grammatica, di logica, delle inquietudini e delle preoccupazioni più elementari? Come potevo non sentirmi impotente di fronte a tutto ciò?

Non perché nei loro esercizi fossero incapaci di scrivere due frasi di seguito senza errori, non perché riuscisse totalmente incompresa la mia ironia, non per la loro raccapricciante mancanza di cultura e nemmeno per la loro assoluta incapacità di imparare. Niente di tutto questo.

Era perché dovevo sciupare per forza sei ore la settimana davanti a loro. Non potevo sgridarli, né insultarli, né sbattere quelle teste vuote contro la cattedra. Perché dovevo perdere sei ore del mio tempo, sei ore che avrei potuto dedicare a lavorare alla mia tesi, ad andare a spasso, a leggere la Mansfield, a fare ricami a punto croce...? Perché dovevo essere il testimone sgomento di quello scempio educativo per sei ore?

Avevo provato a bermi due boccette di seguito prima di entrare, di andare a lezione alticcia, fumata... ma non c'era stupefacente al mondo che riuscisse a distogliermi da quel sanguinoso attentato alla conoscenza che erano i miei alunni.

Pretendere che capissero, che imparassero, pensare di destare in loro la sia pur minima curiosità era come voler tosare un leone vivo.

Dopo una settimana di attività didattica, appena uscita dall'aula, ero costretta a rinchiudermi in bagno per respirare dentro un sacchetto di plastica, dato che la loro stupidità mi produceva iperventilazione. Quando arrivavo a casa mi rannicchiavo dentro la conchiglia, mi bevevo due whisky e riuscivo a smettere di tremare; fortunatamente, poter fare affidamento sullo sguardo comprensivo del dalmata mi dava grande conforto.

Il primo giorno le loro carpette con tutte quelle foto attaccate mi ispirarono simpatia. Anche il fatto di vestire come se avessero confuso l'aula con una discoteca. Addirittura che alcuni venissero a lezione fumati. Ma poi mi venne l'idea di distribuire un testo. Ricordo ancora, con un misto di astio, disperazione e orrore che una delle risposte alla domanda «Dov'è la Moldavia?» fu «Paese immaginario della striscia a fumetti Le avventure di Tintin.» E non era uno scherzo. Li obbligai a scrivere il nome e lo domandai alla ragazza che aveva dato questa risposta. Orgogliosa della sua perspicacia, fissandomi con uno sguardo complice, mi rispose che si era resa conto del trabocchetto. Poveri moldavi, si prendono la briga di proclamare l'indipendenza e vengono confusi con il posto dove Milù andava a fare i suoi bisogni. Oltre all'arrabbiatura determinata dalla perdita di tempo, credo che, se qualcosa nutrivo nei loro confronti, questo era incredulità e sconcerto. Ma non dovevo soltanto stare per sei ore la settimana prigioniera in aula, frustrata, scossa e circondata d'inetti.

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